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La prefazione di Renato Zero, Quella stella accesa nel cielo di Roma: "Gabriella Ferri. Sempre"

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Clicklivorno
icon3  view post Posted on 7/4/2009, 19:11




A dicembre, la settimana che precede il Natale, è mia abitudine, da un po’ di anni, inventariare le stelle che transitano sul cielo di Roma. Sono sempre di più. Sempre più presenti e luminose, che ti fanno lacrimare gli occhi per tanta esagerata intensità. Hanno gli stessi nomi che ebbero quaggiù. Perciò quando le invochi si accendono di più come per dire: “Grazie per non dimenticarci”.

Bisogna saperle leggere, queste particolari forme astrali, poiché sfuggono all’occhio scrupoloso degli osservatori e a tutte le mappe celesti conosciute. Tranne che ai cuori attenti e scrupolosi di chi non smette mai d’amarle. Ho salutato stelle di notoria fama e stelle meno ridondanti. Ma il bello è che quando un’anima trasmigra, qualunque sia stato il suo retaggio terreno, è stella come le altre, né più né meno.

Ce n’è una nuova di zecca. Timida e riservata. Che qui sul pianeta terra, brillò tanto e poi tanto. E un po’ di lei ancora pulsa nel petto di una miriade di inconsolabili ammiratori che non avrebbero voluto lasciarla andare via.

“Gabriella! Sono Renatino. Mi senti?”.

Lei si accende ancora di più e insospettatamente col suo meraviglioso accento: “A Renati’ finarmente te riesco a vede’. ’Sto cielo è tarmente trafficato che rischia er collasso! Ma dimme: so’ già passata ’n cavalleria. Cioè. Vojo di’ me se ricordeno?... Ve manco armeno ’n po’?”.
Io, in un completo meraviglioso stupore: “Dimenticarti è davvero impossibile tesoro mio. Nessuno dei Romani che conosco baratterebbe il tuo ricordo col niente che gli resta. La tua voce è la nostra bussola. La certezza che questa è ancora casa nostra”.Devo approfittare di questo momento!!!

“C’è qualcosa che vuoi ch’io faccia per te?”.

Dopo una breve pausa Gabriella: “Credo d’avenne fatte, dette e cantate, tante e poi tante che ce potrei campa’ de rendita pe’ artre sette vite. Ma proprio pe’ quanto so’ stata esaggerata ne la frenesia, forse me so’ scordata de di’ quarcosa a Sieva grosso e a quello piccolo”.

Ancora una pausa carica d’amore... e poi “Grazie pe’ avemme fatto senti’ donna e madre. Senza tojeme er gusto de libera’ ’sta voce. Anzi de ’ncoraggiamme a nu’ smette de esercitalla... Pe’ scarica’ la rabbia e la paura. Pe’ di’ la verità senza ritegno. E pe’ cantavve la felicità d’essere ar monno. Pure quassù nun c’è un momento che non me ’nvento un ritornello. Che c’è pure Totò che quarche vorta me viene dietro con ber controcanto...
 
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